Presentazione del blog

"Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace [...] se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi manderanno a scuola, e per amore o per forza mi toccherà studiare; e io, a dirtela in confidenza, di studiare non ne ho punto voglia e mi diverto di più a correre dietro alle farfalle e a salire su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido" (tratto da Collodi C., Le avventure di Pinocchio, p. 16)

domenica 19 dicembre 2010

La fantasia: “un’inutile perdita di tempo”

Spesso sentiamo il bisogno di rimproverare i bambini per l’eccessiva (ma oserei dire naturale) esposizione all’immaginazione. Anche Bastiano, protagonista del bellissimo libro di Ende, “La storia infinita”, si rifugiava nella soffitta della sua stessa scuola (che, sottolineiamo, vedeva e sentiva “come una prigione”) per poter volare con la propria fantasia, ma puntualmente veniva rimproverato dagli adulti di trastullarsi troppo con l’immaginazione e di tenere ben poco i piedi per terra. Ebbene, sappiamo che Vygotskij ha evidenziato la necessità di un collegamento stabile e continuo tra immaginazione e realtà, nell’ottica di superare quel particolare tipo di pensiero che vedrebbe nella ripetizione tale e quale di ciò che viene insegnato l’unica arma possibile per arrivare alla conoscenza. Tuttavia, grazie al metodo denominato “Emozione di conoscere e desiderio di esistere” che qui ci proponiamo di divulgare, sappiamo che tale tipo di insegnamento porta soltanto all’addestramento del bambino e non ad una reale conoscenza di ciò che incontra nel suo percorso educativo.
Secondo Vygotskij, la fantasia non comporta necessariamente l’allontanamento dell’individuo dalla realtà; anzi, è espressione della “ricchezza e varietà” dell’esperienza precedente maturata dallo stesso individuo. Ogni rappresentazione mentale viene cristallizzata e così facendo diventa reale (basti pensare ad un qualsiasi oggetto o macchina inventata dall’uomo: senza averla prima pensata, non sarebbe mai esistita!). Ogni prodotto della mente è inserito all’interno di un circolo: “gli elementi di cui (è composto), l’uomo li ha presi dalla realtà. Nell’intimo dell’uomo, nel suo pensiero, (ha) subito una complessa rielaborazione, e si (è trasformato in prodotto) dell’immaginazione. Infine, preso corpo, (è di nuovo rientrato) nella realtà ormai come una nuova forza attiva, trasformatrice della stessa realtà. È questo, quindi, il circolo completo dell’attività creatrice dell’immaginazione” (tratto da Vygotskij, L. Immaginazione e creatività nell’età infantile – Cuomo, N. Verso una scuola dell’emozione di conoscere, pp. 30-31 e p.57). Anche l’immaginazione emozionale, cioè soggettiva, può formare lo stesso circolo e questo permette a Vygotskij di concludere che sia il sentimento che il pensiero fanno parte della creatività dell’uomo.
Di conseguenza, l’insegnamento non può ridurre in compartimenti stagni le conoscenze, privandole dei contesti e delle situazioni affettive ed emotive. Imparare in modo creativo e dinamico: questo deve essere uno degli obiettivi principali dell’insegnante, il quale non deve solo insegnare strategie, metodi, fornire strumenti utili all’apprendimento. Deve anche saper ricreare delle atmosfere stimolanti e climi sereni in modo da sviluppare il naturale desiderio di conoscere di ciascun alunno e non privarlo inutilmente ed improduttivamente della sua capacità di sognare.

L’esperienza Erasmus di Luigi: un esempio di come affrontare e superare le difficoltà dovute al deficit anche in ambito europeo

Dopo aver letto l’articolo “È Luigi che va in Erasmus, no la sindrome di Down” presente nella rivista “Emozione di conoscere”, ciò che mi ha maggiormente colpito è la tenacia e il coraggio dimostrati da questo ragazzo. Tenacia per la sua voglia di studiare ben radicata nel profondo di Luigi, per la sua forza e convinzione nel voler affrontare due sfide importanti e dure come l’università prima e il programma Erasmus poi; il coraggio perché nonostante i pregiudizi, a tutt’oggi ancora molto presenti a qualsiasi livello e in ogni ambito, e le mille difficoltà che deve affrontare nel corso della sua esperienza all’estero.
Anch’io come lui ho avuto la fortuna e il privilegio di fare questo tipo di esperienza e posso confermare le difficoltà insite nel programma (linguistiche soprattutto, ma anche dovute all’integrazione nel nuovo contesto), difficoltà che comunque non mi impediscono di reputarla un’esperienza fondamentale nel percorso formativo di ciascun studente; se poi, oltre a queste, ci aggiungiamo le normali e quotidiane difficoltà che deve affrontare un ragazzo con sindrome di Down, allora possiamo dedurre come il quadro risulti ulteriormente complesso.
Dalla storia di Luigi, narrata dal momento in cui egli si è iscritto all’università sino a quando, nel gennaio 2010, è partito per l’Università di Murcia, sede in cui si è svolto l’Erasmus, si evince che ciascuno di noi, se realmente intenzionato a vivere in maniera intensa la propria vita come una straordinaria avventura, è in grado di superare qualsiasi difficoltà. Non ci si deve fermare dicendo: “Non ce la faccio, è troppo difficile!”; qualsiasi obiettivo può essere raggiunto grazie allo sviluppo di competenze ed attitudini fondamentali per la normale crescita individuale in maniera positiva e piacevole.
Tutto parte dalla voglia di Luigi di superare i propri limiti, dovuti al proprio deficit, ma anche dalla sua costante voglia di imparare ed intraprendere sempre nuove esperienze e fare nuove conoscenze, abilità queste che il programma Erasmus incrementa e ci permette di sperimentare. Quest'ultimo punto soprattutto è fondamentale: l'importanza di relazionarsi e di conoscere nuove persone con cui condividere lo stesso faticoso cammino, che possono darti una mano nel superare le difficoltà, che ti possono permettere di condividere insieme a loro e ad altri in maniera piena e coinvolgente, nonché divertente (come lo stesso Luigi ammette durante l'intervista visibile nel filmato all'indirizzo di cui sopra) l'esperienza straniera: in una sola frase, queste persone ti aiutano a farti sentire meno solo. La comunicazione assume quindi un ruolo fondamentale poiché permette di stabilire un ponte solido tra noi e gli altri su cui basare le proprie conoscenze e con cui scambiare le proprie emozioni e le proprie personali esperienze, passate e presenti, in modo da arricchirsi reciprocamente attraverso il confronto.  
Inoltre, uno dei cardini, che sempre dovrebbero essere alla base di qualsiasi esperienza educativo-didattica e non solo, è il rispetto della soggettività di Luigi: infatti, questo ragazzo non è stato aiutato né nel superare i singoli esami, né durante la sua esperienza Erasmus; o meglio, ha svolto, grazie all’interessamento del prof. Cuomo e su sollecitazione dei genitori (desiderosi di soddisfare il desiderio di conoscenza del figlio), un programma di preparazione all’università per valutare se veramente era in grado di affrontare il corso e il carico di studi che l’Università propone: tale programma era costituito da due tipologie di lezione, un laboratorio e il superamento di due esami (si sottolinei che il Professore si è mosso sempre concordando insieme ai genitori il percorso che Luigi doveva affrontare). Vedendo che il ragazzo è stato sufficientemente in grado di svolgere le attività (ripeto, senza alcuna facilitazione poiché Luigi svolgeva le stesse attività degli altri allievi), di superare gli esami, ma soprattutto si era integrato perfettamente sia nel contesto universitario che tra in compagni, l’iscrizione all’Università vera e propria è stata solo una naturale conseguenza. Bisogna, tuttavia, evidenziare che, per sostenere Luigi durante tutta la sua carriera universitaria e per far sì che reagisca nella maniera migliore agli ipotizzabili insuccessi che il ragazzo potrebbe incontrare, sempre in accordo con i genitori, si è voluto affiancare a Luigi la figura di uno psicologo e si è pensato ad alcune strategie da adottare per fare in modo che l’allievo sia in grado di sostenere gli esami universitari.
Nonostante queste importanti vittorie, Luigi decise di affrontare una nuova sfida e, dato che era regolare con tasse ed esami, intraprense un anno fa la strada che porta all’Erasmus, esperienza che lo avrebbe messo in contatto con tanti studenti provenienti da varie nazioni e con un contesto diverso da quello italiano. Ha scelto Murcia perché in questa città ha potuto affrontare il sistema di “viviendas compartidas” (cioè, coabitare insieme ad altri ragazzi), che gli ha permesso di sperimentare più da vicino il valore della diversità e del rispetto reciproco (cosa che già lo stesso programma prevede); inoltre, in Spagna e in particolare a Murcia, si trova la fondazione “FunDown”, la cui referente scientifica è la prof.ssa Romeu, la quale opera nell’ambito dell’integrazione/inclusione presso l’Università cittadina. Attraverso la collaborazione tra Università italiana, Università spagnola e la fondazione, Luigi ha potuto maturare nel proprio percorso formativo e nella sua esperienza all’estero, incrementando ulteriormente le proprie capacità e abilità in modo da superare gli ostacoli che l’handicap gli impone quotidianamente.
Infine, da quello che emerge, si deduce che l’obiettivo fondamentale per Luigi non è arrivare solo ed esclusivamente alla laurea, ma l’esperienza Erasmus l'ha fatto crescere nelle relazioni e nella cultura; in questo modo Luigi è diventato anche sempre più autonomo ed indipendente, una finalità che magari all’inizio del suo percorso scolastico non era facilmente immaginabile. Quello che si vuole testimoniare è che non è stato un percorso irripetibile ed eccezionale, ma una speranza di riuscita per tutte quelle persone che hanno la sindrome di Down, una speranza accesa da altre persone che si sono affiancate a Luigi, che l’hanno sostenuto facendogli sperimentare l’emozione di conoscere ed il desiderio di esistere ed hanno contribuito a costruire il percorso che lo ha portato a raggiungere importanti traguardi e altrettanto importanti successi.    

sabato 18 dicembre 2010

Dalla serie a cartoni animati "I Simpson", una verità fin troppo negata


Ovvero quanto può un'insegnante (o presunta tale) scardinare l'autostima e l'entusiasmo di un bambino durante i suoi primi giorni di scuola e minare in questo modo la sua carriera scolastica futura.
Che ne sarà di Bart Simpson e del suo piacere di esistere???

Alcune canzoni ci possono far riflettere...

Ho imparato a sognare,
che non ero bambino
che non ero neanche un'età.
Quando un giorno di scuola
mi durava una vita
e il mio mondo finiva un po' là.
[...]
C'era chi era incapace a sognare
e chi sognava già.
[...]
Che se cado una volta
una volta cadrò
e da terra, da lì m'alzerò.
C'è che ormai che ho imparato a sognare, non smetterò.
(tratto da HO IMPARATO A SOGNARE-NEGRITA)




Sono io
che dormivo sui banchi di scuola
[...]
Tutti gli altri diversi da me.
[...]

Grande
che sa di libertà...
(tratto da GRANDE-PAOLO VALLESI)




 
E' una meta che
ce la posso fare
io raggiungerò
io ce la farò
e ogni ostacolo
che supererò
sarà come un colpo d'ali e là io volerò...
(tratto da POSSO FARCELA-ALEX BARONI)

giovedì 9 dicembre 2010

Aneddoti e paradossi

[Arriva una povera donna stralunata, perché quel giorno era già stata in altre quattordici classi a insegnare arte. Entrava di corsa, con il cappellino di sghimbescio e, diceva: <<Buongiorno, bambini. Oggi disegneremo un albero>>. E tutti i bambini dicevano: <<Magnifico, disegneremo un albero!>>. E poi lei prendeva una matita verde e disegnava un grande coso verde. Ci aggiungeva una base marrone e qualche filo d’erba. E diceva: <<Ecco l’albero>>. Tutti i bambini lo guardavano e dicevano: <<Non è un albero. E’ un lecca- lecca>>. Ma lei sosteneva che era un albero; distribuiva i fogli e diceva: <<Disegnate un albero>>, diceva <<Disegnate il mio albero>>. E quanto prima capivate che cosa intendeva e riuscivate a riprodurre quel lecca- lecca e a consegnarle il foglio, tanto prima ottenevate 10. Ma c’era un bambino che sapeva che quello non era un albero, perché aveva visto un albero che l’insegnante d’arte non immaginava neppure. Era caduto da un albero, aveva intagliato un albero, aveva fiutato l’odore di un albero, s’era seduto sul ramo di un albero, aveva ascoltato il vento soffiare tra le foglie di un albero e, sapeva che l’albero dell’insegnante era un lecca- lecca. Perciò prese i pastelli rosso magenta e arancione e azzurro e violaceo e verde e, scarabocchiò allegramente il foglio e lo consegnò tutto soddisfatto. L’insegnante lo guardò e disse: <<Oh, mio Dio, è un ritardato mentale … Classe differenziale>>] (tratto da Buscaglia L., Vivere, amare, capirsi, pp. 23-24).
E’ sorprendente rendersi conto di quanto sia importante, per essere considerati ottimi alunni, ripetere, ripetere e ripetere come un pappagallo parola per parola, quanto esposto dall’insegnante. Ma tanto più il bambino è bravo (ripetendo passivamente) tanto più non conosce. Una didattica preconfezionata che “imbocca” gli alunni con contenuti didattici/ apprendimenti “precotti” forma bambini che avranno successo scolastico, ma che non saranno in grado, in futuro, di utilizzare in modo creativo quanto appreso a scuola.

“[…] Aveva comunque sempre paura della scuola, il luogo delle sue quotidiane sconfitte, paura dei maestri che si rivolgevano benevoli alla sua coscienza, o che invece gli rovesciavano addosso le loro arrabbiature […]. La scuola gli era sempre apparsa come una prigione, una punizione interminabile […]. Una penitenza che doveva semplicemente subire, muto e rassegnato” (tratto da Ende M., La storia infinita, p. 14).
Non solo nella realtà ma anche e soprattutto nella letteratura la scuola viene presentata come una prigione, una punizione, come appare dallo stralcio tratto da “La storia infinita” di Michael Ende. Si tratta di un vero e proprio paradosso, in quanto la scuola dovrebbe essere uno dei luoghi più allegri e gioiosi del mondo, dove la gioia più grande sta nell’imparare. <<Imparare qualcosa è fantastico perché ogni volta che imparate qualcosa, diventate qualcosa di nuovo>> (Buscaglia L., Vivere, amare, capirsi, p. 19).

Aumentare le proprie conoscenze e abilità permette di diventare liberi, di scegliere e decidere del proprio futuro (Giulia).
 
<<Vedete, non si è soltanto un insegnante, si è un essere umano. I bambini riescono ad identificarsi con la gente, con gli esseri umani. Hanno invece molte difficoltà nell’identificarsi con gli insegnanti. Quando incominci a comportanti da insegnante, in un ruolo fisso, ti sorprendi a dire una quantità di cose che non avresti mai voluto dire>>(tratto da Buscaglia L., Vivere, amare, capirsi, p. 19)

Richiesta di problematiche

"Bambina a rischio: molto difficile e molto disturbata" (secondo lo psicoterapeuta).

Su segnalazione da parte del dirigente scolastico ai servizi sociali locali per scarsa tutela da parte dei genitori, i quali tuttavia hanno provato spontaneamente da qualche anno a mettersi in contatto con gli stessi, è iniziato il percorso psicoterapeutico di A. (alunna che frequenta l'ultimo anno di scuola primaria). Dopo alcune sedute familiari, è emerso che la madre alterna momenti in cui scarica le colpe sul mondo intero a momenti in cui si sfoga con la figlia, minacciandola pesantemente sul piano psicologico; il padre cerca di non lasciarsi coinvolgere dalla situazione e nei momenti di esasperazione afferma che con A. “non c’è nulla da fare”. (Anonimo)

Secondo voi, da questa storia, traspare “il piacere di esistere” di questa bambina???

Strategie

 

Esistono una molteplicità di metodologie, modalità, strategie.
Lo stesso contenuto (storia, geografia, disegno, musica,...) può essere insegnato con modalità differenti. Il modello cognitivo di alcuni bambini è più adatto per alcune modalità della didattica; può presentare delle affinità con quel particolare modo di insegnare; si adatta allo stile dell'insegnante. Ciò non vale per un'altra porzione di alunni, la quale non si adatta a tale stile o modalità. Quale, allora la "chiave" giusta?
Se si rimane legati allo stile dell'insegnante nella classe accadrà  che 7-8 bambini andranno molto bene (per affinità spontanea), il 70-80% dei bambini stenteranno ad adattarsi e altrettanti 7-8 bambini troveranno ulteriori gravi difficoltà.
E' compito dell'insegnante capire le difficoltà, lavorare su di esse, al fine di produrre quelle condizioni facilitanti all'apprendimento. L'insegnante deve conoscere una molteplicità di metodologie e modalità. Può avvalersi degli strumenti offerti dalla ricerca.  
Il professionista più capace è l'insegnante, egli ha in mano l'architettura cognitiva dei bambini che deve sviluppare e potenziare. L'insegnante deve possedere un atteggiamento sperimentale, scientifico, teso a produrre situazioni problematiche e complesse da risolvere con i bambini, al fine di produrre una mentalità rivolta alla ricerca (non esiste gioco più divertente di quello scientifico!). 
Ogni esperienza è unica ed irripetibile. Una data esperienza non può essere ripetuta "tale e quale", ma può essere interrogata, divulgata, può diventare un'occasione di confronto se ben documentata.

Il Grillo vi invita a consultare la Bibliografia e Filmografia di riferimento

  • "Figli di un Dio minore" di Randa Haines (1986)
  • "Gli esclusi" di John Cassavetes (1963)
  • "Il ragazzo selvaggio" di Francois Truffau (1969)
  • AAVV. Le buone prassi tra il dichiarato e l'agito. Da tirocinante osservatore a insegnante progettista di sistemi di integrazionee inclusione per il supramento degli handicap e delle difficoltà di apprendimento e di insegnamento, Edizioni AEMOCON, 2009
  • Alice Imola, Le leggi verso le buone prassi dell'integrazione, Edizioni ETS, Pisa, 2008
  • Nicola Cuomo, Verso una scuola dell'Emozione di Conoscere. Il futuro insegnante, insegnante del futuro, Edizioni ETS ,Pisa, 2007