Il bambino va scoperto ed esplorato, osservato attraverso ciò che sa fare, permettendogli di riscoprirsi come capace, come agente attivo. “Un nuovo modo di vedersi, in cui anche l'errore è rilevatore di competenze, di una volontà, forse un'occasione per dare senso agli eventi”.
E’ necessario partire dalle abilità del bambino, per andare alla ricerca di situazioni, attività in cui evolvere le sue conoscenze. Farlo diventare “sempre più consapevole dei processi, dei percorsi, delle scelte, del "come ci si è organizzati per risolvere un problema"; del "come ci si può organizzare per ricercare, trovare risoluzioni"; che un problema può essere affrontato con modalità e strumenti diversi e che la sua analisi, la sua valutazione si può condurre da molteplici punti di vista;... quel: saper chiedere, a chi, come, quando, saper cercare aiuto, individuare gli strumenti facilitanti,... ; saper ritrovare nel contesto possibilità, risorse ed opportunità mediatrici e di sostegno..., sono da apprendere alla stessa stregua della matematica, linguistica, storia, geometria …” (Cuomo N., De Pellegrin C., Interroghiamo le esperienze- Riflettiamo sullo sviluppo e gli apprendimenti, Rivista L’emozione di conoscere e il desiderio di esistere, n. 1/2007).
Il corpo umano è un “complesso sistema di interconnessioni e influenze reciproche”; influenzato dalla genetica e dall’ambiente. Un insegnante deve essere a conoscenza di tutto ciò, in quanto è su questo complesso sistema che “deve lavorare e fare leva”.
Organizzare tutto prima, senza che il bambino veda e contemporaneamente viva, sperimenti i processi, senza dargli spiegazioni, senza attendere che venga attratto dal desiderio di conoscere, addirittura non provocare questo desiderio, tutto ciò ostacola il corretto sviluppo, non permette lo sviluppo di una architettura cognitiva in grado di formulare delle ipotesi.
Itinerari educativo-didattici che precludono (impediscono) il giocare, l’immaginare, il fantasticare (in quanto ritenuti inutili all’apprendere) a favore di percorsi di apprendimento “realistici” tesi a far coincidere le risposte degli alunni con le richieste degli insegnanti (ripetere pedissequamente, come un pappagallo, quanto previsto ed organizzato dal programma), ostacolano tutte quelle possibilità ed opportunità creative <<che propongono il potenziare la plasticità cognitiva>>.
Bisogna creare una didattica di tipo laboratoriale, in cui le esperienze e i vissuti siano posti in primo piano. Un luogo che va guadagnato e conquistato e gli oggetti che fanno parte di esso vengano trasformati in simboli (andare al di là degli schemi preconfezionati, guardando e costruendo così il proprio futuro). C'è la necessità di sperimentare attraverso se stessi e le proprie pre-conoscenze per raggiungere nuove tappe di sviluppo: per rafforzare i legami relazionali all'interno del contesto scolastico e non. L'insegnante diventa regista degli apprendimenti e si mette da parte per osservare, verificare e valutare gli apprendimenti senza essere troppo legato ai programmi assolutamente da completare, affinché i bambini siano esposti in maniera attiva e consapevole all'acquisizione delle proprie competenze.
Bisogna creare una didattica di tipo laboratoriale, in cui le esperienze e i vissuti siano posti in primo piano. Un luogo che va guadagnato e conquistato e gli oggetti che fanno parte di esso vengano trasformati in simboli (andare al di là degli schemi preconfezionati, guardando e costruendo così il proprio futuro). C'è la necessità di sperimentare attraverso se stessi e le proprie pre-conoscenze per raggiungere nuove tappe di sviluppo: per rafforzare i legami relazionali all'interno del contesto scolastico e non. L'insegnante diventa regista degli apprendimenti e si mette da parte per osservare, verificare e valutare gli apprendimenti senza essere troppo legato ai programmi assolutamente da completare, affinché i bambini siano esposti in maniera attiva e consapevole all'acquisizione delle proprie competenze.
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